Diario su Arles luglio 2018
Arrivata ad Arles....
Attrazione fatale per la fotografia per il luogo che mi incatena a suggestioni, sogni, desideri come nessun altro riesce a fare.Le prime foto “Mini Mono”che vedo sono di una fotografa africana Fatoumata Diabate . Mi fermo perché nelle immagini ritrovo cultura, stile, forza, dolcezza: un mélange armonioso con quella luce che restituisce il misterioso piacere del bianco e nero. Alcune appartengono ad un progetto “L’homme en Objet". Forse perché di Bamako come Malik Sidibè, forse perché amo l’Africa da sempre, forse per semplice curiosità vado sul suo sito e leggo che l’”l’idea di questa serie è collegata alle storie e ai racconti che ho ascoltato durante la mia infanzia e mi seguono ancora ovunque oggi. Queste sono storie "designate per il bambino nero", come disse Senghor. Per queste fotografie, mi sono ispirata a storie che sono nella mia testa e quindi creo oggetti al servizio di queste storie. Le idee a volte vengono da me di notte, mentre sono sdraiata nella mia stanza. Prima di addormentarmi, a volte sogno con gli occhi aperti. Cerco, brancolo sempre un po’. Questi sono ritratti abbastanza semplici, che simboleggiano un aspetto di una storia.” Camminando per ritornare in albergo in una grande bella casa d’epoca “les ateliers de Martine Montegrandi” un’esposizione di più fotografi e questa volta è il testo di Clement Apffel che mi colpisce “ non ho l’impressione di aver scelto la fotografia: è lei che si è imposta a me come un mezzo di espressione vitale. Lo faccio solamente per la sua necessità. Bambino, ero già affascinato dalle tracce che lasciava di un passato sparito.. Crescendo ho fatto della macchina fotografica la confidente dei miei disturbi e il testimone della silenziosa violenza del mondo. La fotografia è rimasta il mio solo ricorso, il mio solo cammino di vita possibile.” Le foto che ne seguono sono una sorpresa: alberi mutilati, senza braccia, testa, rami, foglie, radici. Solamente il tronco come quello di un uomo mutilato. La desolazione, la grande tristezza di non poter fare più nulla. La desolazione, la violenza silenziosa di alberi che urlano dolore in quel prato solitario, su quel terreno brullo, in quella cornice punitiva di una fotografia che è alla ricerca dell’animaA fianco Jessica Gonzalès una sensibile fotografa messicana che riproduce i giochi fatti durante l’infanzia nel tentativo di costruirsi uno spazio tutto suo in mezzo ai 4 fratelli maschi. Le immagini scure fanno risaltare la piccola bambola dal vestito rosa, la bambina che sentiva intorno a sé tutto un po’ difficile, un po’ nero….In particolare l’abbraccio impossibile ad un albero. Ecco il mio ricordo. Ecco cosa riesce a procurare la fotografia. Il ricordo di un dolore. In quell’abbraccio mi rivedo disperata abbracciata ad un albero sperando di poter ancora una volta stringere forte mio padre.....
Ma poi si festeggia! alla “Fondation Manuel Rivera-Ortiz” e tanti interessanti fotografi....Dmitry Markov _ Russia , Paolo Verzone _ Cadets, Nicolas Havette _ Fortunes, Chin-Pao Chen _ Dengkong Project e altri di cui parlerò più avanti.So perfettamente che “Les Rencontres” sono organizzati per tre grandi temi eppure mi sono lasciata trasportare da ciò che trovavo lungo la strada. In questo percorso era impossibile sfuggire al tema della migrazione e dei rifugiati. Tre autori mi hanno rapito per la potenza del loro pensiero. Omar Imam riflette sul senso più volte ripetuto da diversi reporter che “la fotografia sia pensata per essere il media più efficace a far luce sulle situazioni attuali anche se siamo diventati così insensibili a vedere la violenza e i genocidi che le immagini che vediamo oggi, online e sulla stampa, hanno un piccolo effetto sulla guerra in corso in Siria. La situazione in Syria è insostenibile, creando turbolenze politiche e sociali, aumentando le tensioni razziali e le famiglie in spostamento”. Omar Imam, un attivista siriano diventato fotografo è stato rapito e torturato da una milizia e rilasciato dopo l’intervento di un amico. Ha lasciato Damasco e ora vive con la sua famiglia a Beirut . Grazie alla Karam Foundation è stato possibile vedere il suo progetto “Live, Love, Refugee + Syrialism”. Il tentativo di immedesimarsi nella mente dei civili attraverso una sorta di rappresentazione teatrale. Bravo Omar per il coraggio di non arrendersi e di usare la fotografia, il video per parlare con creatività con efficacia. Un altro esempio della Forza della Fotografia!Sul tema dello “spostamento”, della “migrazione” un progetto insolito, intellettuale, complesso di Samir Tlatli nato in Tunisia nel 1975 che oggi vive a Parigi. Il titolo “Préfecture” è una serie di fotografie che testimonia il suo stesso percorso: l’uomo immigrato, senza carta, senza documenti che combatte contro la negazione di esistere,. Il progetto è nato all’interno di un fabbricato in ristrutturazione. Un luogo cancellato, in uno stato stanco, simile a quello dello straniero. “Io volevo creare una storia in immagini che mostrasse la perdita dell’identità brutale nel venire da altrove/ da fuori, con l’intenzione di esorcizzarlo e restituirgli la voce perduta”. L’uso della fotografia per rendere visibile un tormento, un handicap….ancora una volta il silenzioso urlo dell’immagine per farci ragionare. Per concludere questa “serie” sulla guerra, sulla violenza il “Traité de Paix”, un “Guernica” fotografico dei conflitti di Matthias Olmeta del 1968 che risiede e lavora a Marsiglia. Una composizione di immagini esistenti, di figure già viste, note che la memoria necessita di mantenere vigili dentro di noi. Pausa! e grazie a Ken Damy una foto tutta per me! È la prima ….grazie Ken!
Giovedì 5 luglio.
Allora alle 10 del mattino insieme a Ken e ad un suo amico fotografo Eros Mauroner …di cui parlerò più avanti…ci troviamo al Parc des Ateliers. Scopriamo che per le mostre dello spazio Lumas si deve pagare…ma si può? Cioè si può naturalmente ma non così….il primo anno…senza avvisare, senza specificare….pur di “guardare” si paga!! Scrivo solamente di ciò che a me ha lasciato un segno e sui grandi sicuramente le recensioni dei grandi giornalisti, curatori saranno più interessanti delle mie fragili sensibilità. Adoro le collezioni!! In quella di Antoine De Galbert “100 Portraits” ho trattenuto il fiato dentro a quell’inquietudine di guardare oltre la vita, dentro alla morte, oltre la morte, dentro la vita., di perdermi in immagini come quelle di Christer Strömholm, di Joel Peter Witkin, di Boris Mikhaïlov, di Marina Abramovic, di Pilar Albarracin e molti altri. E poi arriva l’Arte con la sua ironia come il video di Barthélémy Toguo e allora….. l’angoscia fugge lontano e si riapre un sorriso.
Certo arrivo finalmente agli Americani!! Chissà perché mi viene in mente Vasco..con “Non siamo mica gli americani”….Cosa dire di Robert Frank e Raymond Depardon? Nulla è già stato detto tutto. Fermarsi a guardare è più che sufficiente…..ricordo solamente alcune immagini e …libri!!….attenzione fatte con il mio IPhone! Perdono!!
Sono ancora qui ma.....per poco. Ecco le ultime suggestioni. Vorrei per ognuno raccontare impressioni, pensieri ma il tempo sfugge e il lavoro mi assorbe. Ho visto ancora molte mostre eppure qualcuna per il soggetto, per la qualità di stampa, per l’innovazione o la poesia mi ha bloccato, lasciato un segno che tengo con me ancora per un po’ e che sicuramente riaffiorirà nei momenti più inaspettati. Didier Gilles con i suoi nudi stampati con l’antica tecnica policromatica. Una interessante conferenza con Raymond Depardon, Sam Stourdzè, Ann Ray e Prune Nourry! Ancora l’urlo disperato “Why can’t the world understand?” di Priya Ramrakha (1935-1968), un fotoreporter che ha seguito da vicino le vicinde in Africa negli anni ’50-’60 e la guerra civile in Nigeria.e poi….”Gilbert&George” con visita guidata ! Sorprendente! “L’art pour tous. Nous voulons que Notre Art s’adresse, par-delà les barrières de la connaissance, à la Vie des Gens et non à leur connaissance de l’art……Un langage au service du sens. Nous avons inventé un langage visuel que nous affinons sans cesse. Nous voulons la forme moderne la plus accessible, par laquelle créer les images modernes les plus parlantes de notre temps…..Les forces vitales. Le vrai Art provient des trois principales forces vitales: LA TETE, L’ÂME ET LE SEXE”. Con le immagini un piccolo omaggio alle firme di alcune loro opere!Concludo con Ann Ray “Les Inachevés”. Il video e la mostra: una poesia di immagini su Lee McQueen e il suo mondo. Il silenzio, la sensazione disturbante della perdita, lo spillo che mi trafigge il cuore, il desiderio di riportare in vita, la rabbia di dover arrendersi alla morte sono tutte sensazioni che ritrovo anche con la fotografia di Paul Fusco: “The Train. Le dernier voyage de Robert F. Kennedy”. Ammetto che alcune immagini di Lily Gavin, presentate dalla Fondazione Luma, con l’attore che mi piace tanto che interpreta Van Gogh….mi riportano in vita! Così come Paul Graham: lo a-d-o-r-o! E veramente per concludere ….camminando intorno all’arena scopro una piccola deliziosa mostra di Pia Rondé&Fabien Saleil “Topophilie des cendres” ispirata alla figura di Empedocle scomparso al bordo dell’Etna mette in scena differenti forme di fuoco! Mi riconcilia con la mia terra…la Sicilia…con l’arte…dei classici…con la passione che mi incendia per venire sempre qui ad Arles ai Rencontres de la Photographie!E l’ultimo incontro è proprio con un giovane gruppo di siciliani 90100 Project e la più giovane mi stupisce per la sua delicata forza e il suo radicato desiderio di fare, entrare e costruire per noi con la fotografia.
Tiziana Bonomo