Di recente ho letto una suggestione di Renzo Piano, apparsa su La Stampa, che suggerisce “un nuovo Umanesimo”. Non espressamente artistico, ma che parta dagli ospedali, luoghi simbolo della sofferenza durante la pandemia. Per l’architetto, infatti, serve “un salto culturale”, laddove si identifica negli ospedali tanto l’eccellenza medica quanto “luoghi in cui la passione umana è di casa più che altrove”. A suo avviso “gli ospedali sono luoghi di passione, intesa sia come sofferenza, sia come slancio. Fortunatamente l’architettura non è solo l’arte di rispondere ai bisogni, ma anche ai desideri, persino ai sogni”. L’eco delle parole di Piano è così rimbalzata all’indietro, in un passato recente.Era il 2016, quando ho visto e accompagnato il progetto di Elena Franco, architetta e fotografa, sugli antichi ospedali. E “Hospitalia. O sul significato della cura” (foto ©Elena_Franco_Hospitalia_Parigi_Hotel Dieu_Cortile principale) è il titolo di un’intuizione visionaria, verrebbe da dire oggi alla luce della tragedia della pandemia, e anticipatrice, se guardata con parole di Piano. L’occhio fotografico ha indagato sugli antichi ospedali e luoghi di cura, percorso attraverso gli archivi, il patrimonio artistico, la secolare catena della filantropia, i paesaggi della cura, creati per accogliere chi era malato e bisognoso. Un progetto di ricerca artistica con cui poter ragionare dell’umanizzazione della cura e della sua progressiva, silenziosa eclisse, partendo dalla storia. Elena ha anticipato i tempi, con il suo magnifico lavoro autoriale che solamente un’architetta e insieme fotografa, avrebbero potuto pensare e realizzare. Elena Franco, un’autrice riflessiva e perseverante che vive la fotografia come medium di indagine e come strumento culturale dell’epoca contemporanea. Era il 2016, quando ho visto e accompagnato il progetto di Elena Franco, architetta e fotografa, sugli antichi ospedali. E “Hospitalia. O sul significato della cura” (foto in alto ©Elena_Franco_Hospitalia_Parigi_Hotel Dieu_Cortile principale) è il titolo di un’intuizione visionaria, verrebbe da dire oggi alla luce della tragedia della pandemia, e anticipatrice, se guardata con parole di Piano. L’occhio fotografico ha indagato sugli antichi ospedali e luoghi di cura, percorso attraverso gli archivi, il patrimonio artistico, la secolare catena della filantropia, i paesaggi della cura, creati per accogliere chi era malato e bisognoso. Un progetto di ricerca artistica con cui poter ragionare dell’umanizzazione della cura e della sua progressiva, silenziosa eclisse, partendo dalla storia. Elena ha anticipato i tempi, con il suo magnifico lavoro autoriale che solamente un’architetta e insieme fotografa, avrebbero potuto pensare e realizzare.
Tiziana Bonomo