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Ospiti

Mezzenile, paese della Val di Lanzo, già nel Medioevo faceva parte del Ducato di Torino passò sotto i Savoia all’inizio del 1300 e il suo territorio venne concesso nel 1724 al Senatore Guglielmo Beltramo di Monasterolo, primo Feudatario di questo paese. Una storia che rende gli abitanti fieri delle loro tradizioni, amanti della loro valle, della natura, orgogliosi di quella cultura sabauda improntata al lavoro e alla famiglia.Uno dei tanti paesi della Val di Lanzo che attira turismo per Il Castello Francesetti, dimora signorile del XVIII-XIX secolo, per il paesaggio, gli alpeggi e per quel sano modo di vivere che consente ai ragazzi di divertirsi…come una volta. Eppure un particolare avvenimento ha fatto in modo che oggi Mezzenile sia vicina alla fotografia fino ad accogliere la mostra “Ospiti” di Gianni Oliva, turista, ospite da moltissimi anni, del paese e della sua montagna, da sempre fotografo.
Quale avvenimento è avvenuto? Cosa ha visto Gianni Oliva di così straordinario da voler fare delle fotografie fino a pensare di esporle proprio nello stesso paese? La quotidianità di Mezzenile, scandita da un ritmo regolare di vita, è stata ad un certo punto modificata con l’arrivo di nuove persone provenienti da lontani paesi africani, con tratti somatici, culture e tradizioni diverse. Donne, bambine, famiglie, giovani sono stati accolti in un centro a Mezzenile. Inizialmente erano in sei oggi circa quarantacinque in attesa di un trasferimento per una destinazione definitiva. Gianni Oliva ha iniziato a vederli in paese, a rendersi conto del senso di provvisorietà, di desiderio di futuro, di una nuova comunità, di un certo isolamento, di difficoltà. Il suo istinto è stato quello di fare a loro un regalo, il ricordo di un momento a Mezzenile, facile da portare e da far vedere. Così è nata l’idea di fotografarli per donare a loro una fotografia. Cosa non si ritrova nelle contemporanee immagini di Gianni Oliva. Direi nulla manca nello scatto così ben costruito, meditato e a lungo ricercato. La montagna innevata fa da sfondo, il famoso “punctum” barthesiano che ospita i migranti protagonisti dell’immagine ma anche il fotografo, il paese e tutto il territorio circostante. La montagna, fondale naturale, ricco di forza che mai potrà svanire ma solamente lasciare spazio alla gente che camminerà in quella valle e che nelle fotografie di Gianni Oliva accentua il contrasto con le inusuali figure africane in posa davanti all’obiettivo. È un’operazione alla Malick Sidibé, non in studio ma all’aperto, non a Bamako ma a Mezzenile, non in bianco e nero ma a colori. In comune tra i due autori le generazioni di africani che continuano desiderose di farsi immortalare a oggetti-status symbol ‒ finti occhiali alla moda, finti orologi lussuosi, vestiti dal tipico sapore africano cuciti e realizzati da un sarto del gruppo ‒, emblema di una libertà, che nelle immagini di Sedibè era stata realmente conquistata e che in quelle di Oliva è la meta per la loro sopravvivenza.Il fotografo non rinuncia alla passione per la spontaneità dei personaggi in posa e all’immediatezza dello sguardo che creano un contrasto magrittiano, surreale tra il luogo e l’essenza delle persone. Nelle immagini di Gianni Oliva vince la personalità degli africani, fuori contesto, inaspettata, senza apparire vittime e naufraghi di un viaggio lungo e faticoso, vince la freschezza delle loro labbra, la giovinezza dei loro occhi, la bellezza dei loro abiti, vincono loro. Finalmente un’operazione contemporanea, senza retorica, che restituisce alla fotografia il compito di far pensare passando da quella sana spettacolarizzazione che in gergo viene chiamata Arte. La mostra desidera mettere in luce la generosità del fotografo a cui piace conoscere gli altri e questa curiosità verso il prossimo è per lui continua fonte di ispirazione.
Gianno Oliva ha impiegato del tempo per trovare quel campo verde, quella vetta di montagna che ti spinge a guardare su, a mettere insieme parenti e amici per creare il set fuori dallo studio, a richiedere la liberatoria, a lasciare il tempo ai migranti per mettersi spontaneamente in posa. È andato e tornato diverse volte e alla fine la tentazione di una mostra, del coinvolgimento degli abitanti che accolgono, dei migranti che ricevono, delle paure e delle ansie, dei desideri e delle curiosità, di quanto si apprende e si conosce, di rendere omaggio a Mezzenile sotto l’influsso benefico della montagna… la tentazione ha vinto sui dubbi del fare bene o male, dell’interpretazione politica o culturale con un titolo “Ospiti” della montagna, ospiti di questo vasto, diverso mondo. Oggi loro a Mezzenile chissà forse domani noi a Bamako!
Tiziana Bonomo






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