Il 13 settembre è iniziato lo storico festival di fotografia a Savignano sul Rubicone: il famoso SI FEST*. quest’anno ho deciso, per la prima volta, di conoscere questo festival soprattutto attratta dalla direzione artistica di Alex Majoli. Un affermato fotografo che ha molto da dire per le sue toccanti esperienze a Leros, nei Balcani, in Sud America, in Iraq, in Afghanistan, fa parte di Magnum Photos e riunisce alcuni fotografi italiani nel collettivo Cesura. Continua a fotografare e da tre anni segue la direzione artistica di Si Fest in cui ha dato rilievo a un tema trascurato, gli studenti e l’apprendimento dell’immagine.
Curiosa di ascoltare la sua idea sul festival e di percepire i contorni di una vibrante figura l’ho intervistato.
La tua idea di festival…?
non volevo fare un classico festival, sulla impronta di quelli precedenti. Volevo costruire qualcosa di diverso: più contemporaneo lasciando da parte la tradizione di guardare le foto e dividere lavori belli, brutti....Vorrei che diventasse uno strumento diverso dal solito: per questo l’ho portato nelle scuole, le immagini devono muovere emozioni, dentro, e – non come avviene nei festival – essere strumento per insegnare qualcosa.
Un esempio: ho appena comprato i libri di scuola di mio figlio 15enne. I sussidiari, le copertine dei libri scolastici sono orribili, orribili! con una grafica e le scelte di un immagine senza riferimento. Cosa siamo noi fotografi, a cosa serviamo? A parte riempire gli spazi vuoti dei giornali che inoltre non hanno più i soldi per pagarci. Allora ripieghiamo almeno sulle copertine dei libri di scuola in modo utile! Cosa ci vuole ad esempio per un libro d’inglese mettere una bella immagine che possa evocare la lingua inglese, un’immagine di Kris Killip ad esempio? Cosa ci vuole? Niente. Ecco: bisogna lavorare su questo: perchè c’è una assoluta passività – in tutto il mondo, non solo in Italia – c’è un blocco totale sull’uso dell’immagine. Anche per questo ho voluto inserire Aby Warburg, anche per parlare sull’immagine non della fotografia.
Infatti proprio Aby Warburg, grande storico dell’arte e della cultura tedesco, non portò mai a termine l’Atlante illustrato di Mnemosyne, personificazione mitica della memoria e del potere di ricordare. È da Warburg che prende il titolo del festival ‘ATLAS’.
Quindi per questo ho spostato le mostre, di questo festival longevo, dentro le scuole. Iniziamo da qui, osservare come reagiscono i bambini davanti alle immagini. Quest’anno nella scuola elementare i bambini vedranno le foto di tori in Spagna, che fanno parte della mostra di Maurizio Montagna ‘Toros. The marking of a Territory’. Le immagini oltre ad incuriosire e ad abituare i bambini a guardare oltre fanno parte di una mostra che parla di indipendentismo, di politica, di pubblicità, di paesaggio ...insomma parla di tane cose, anche di animali, di geografia. Forse la geografia si può insegnare anche con una serie di fotografie di paesaggio. Non è necessario, obbligatorio spiegare chi sono i catalani, i baschi, la guerra dell’ETA... per non urtare la sensibilità dei bambini. Si possono usare le fotografie come strumenti. Se ci abituiamo a fare questo per me la vita dell’uomo migliora’’.
Numerose le mostre internazionali allestite nelle scuole di Savignano, con un percorso diviso per materie. Ad esempio nella materia DESIGN la mostra di Andy Rocchelli ‘Russian Interiors’, in EDUCAZIONE CIVICA la mostra di Richard Billingham ‘Ray’s a Laugh’, in STORIA Adam Rouhana con ‘Before Freedom’ e Billy H.C. Kwok con ‘For so Many Years When I Close My Eyes’, in LETTERATURA Lindokuhle Sobekwa con ‘I Carry Her photo with me’, in SOCIOLOGIA Danny Lyon ‘Conversation with Dead’ e così via. Con questo percorso di rinnovamento e sperimentazione, pensi di poter riuscire, è una sfida ardua, a educare all’immagine le nuove generazioni?
Questo dipende daglialtri, da chi li utilizza. Io ho provato, ho scelto, ho chiamato l’autore, l’ho convinto a venire con i suoi lavori: questo è il mio mestiere. Poi saranno i professori, le professoresse ad usarlo, i genitori ad aiutare i bambini ad usarlo, sarà l’apparato di una società se è intelligente ad usarlo’’.
D’altronde la fotografia non è altra cosa, fa parte di tutto questo...
Ma certo c’è ovunque. Saramago, Almos Oz, Pirandello e Brecht mi hanno dato la forza di lavorare agli ultimi libri che sto completando. Il cinema certo, è ovvio. E il teatro: conosco bene il lavoro di Bruno Castellucci qui a Cesena: sono cresciuto guardando i suoi spettacoli teatrali e fotograficamente collaboro con lui da un pò di tempo. E poi le persone, i libri di Basaglia: Istituzione Negata è stata una lettura importantissima per me.
Nel festival hai portato autori di reportage e autori concettuali. Come hai scelto?
Non ci sono differenze tra un autore e un altro. La differenza è che ci sono autori che hanno veramente speso ore, dedicato tempo. Anche se alcuni contenuti possononon piacere, creare poemica quello che conta è sempre il lavoro che c’è dietro alle immagini, che ci sia tanto studio, tanta conoscenza.Hanno speso tempo e lavorato tanto per darci questo lavoro. Io vado allaricerca, e apprezzo, do chi è ossessionato dal suo mestiere.
Chi hai portato quest’anno di Cesura?
Andy Rocchelli , un mio studente, è cresciuto con me. Un grande trauma la sua uccisione. Si è stato orribile, bruttissimo, abbiamo pianto. Però lui deve continuare a vivere e quel lavoro abbiamo voluto tenderlo pubblico. Lui è ancora vivo nonostante nel 2014 sia stato ucciso. Dopo dieci anni è ancora vivo. Questa è la comunità, Andy rimane vivo, il suo lavoro è contemporaneo, per noi è vivo e teniamo vivi anche i genitori con la loro ricerca della verità.
L’incontro su Andy Rocchelli in programma, ‘L’ultimo testimone’, con Elisa e Rino Rocchelli e Michele Smargiassi è stato un momento di alta intensità morale. Allo stesso modo l’incontro ‘Vi amerò per le strade del mondo’ con Roberto Mercadini che ha raccontato Marco Pesaresi.
Il Festival, Cesura e il tuo lavoro. In ogni cosa spendi semprete stesso. Nonostante il fil rouge che lega i tuoi progetti – quello di portare avanti, di costruire una cultura sull’immagine – gli obiettivi cambiano? C’è qualcosa che li differenzia?
No, è l’amore che ho per la fotografia. Nel mio caso è stata importantissima nella mia vita ma anche il formare giovani fotografi – come quelli di Cesura – renderli indipendenti dicendo: non entrate nel sistema mercato. Certo dovete guadagnare da vivere ma: siate liberi dall’avere appartamento a Milano, liberi dal photo-editor che non vi piace , dall’essere condizionati dall’editor che da ordini e così via ...siate liberi da tutto questo. siete voi che fate fotografia non il mercato. Io continuo a scattare immagini. Nel festival ho cercato di pensare ai ragazzi nelle scuole, ho cercato di pensare che ci sono dei lavori dispersi sconosciuti... Il mio modo di fotografare è un esperimento continuo, rompere barriere: sempre e comunque. Quando morirò non so cosa lascerò come fotografie, ma sicuramente avrò sperimentato.
Il tuo maestro?
Il mio maestro si chiama Daniele Casadio*, uno sconosciuto ancora il mio maestro. Una persona che mi ha insegnato tutto da un punto di vista tecnico, mi ha fatto rispettare le persone che fotografo, mi ha insegnato tante cose. Qui c’è una tradizione forte di fotografi come Guido Guidi, Luigi Ghirri, Paolo Roversi ...
Ho sempre avuto l’impressione che nella maggior parte delle tue immagini si avverta un senso della teatralità, quasi a voler bloccare le persone su una scena...
Nel mio modo di fotografare, di sperimentare cerco di restare ingenuo ... è questa la parte più difficile... quindi al di là della tecnica cerco sempre di trovare negli uomini, nelle cose, nelle siruazioni che fotografo di trovare la parte religiosa, la parte che ricorda i riti ... in alcuni casi del teatro, come dici tu, ma ... potrebbero essere i riti della preghiera... e le domande sul perché facciamo le cose in un certo modo. Da dove arrivano i nostri gesti, pensieri, scelte? Quanta logicità c’è nell’uomo e perché abbiamo idee diverse? Se qualche volta leggiamo gli stessi libri perché li interpretiamo in modo opposto, da dove viene la nostra fragilità o la nostra arroganza, perché? Queste sono le domande che mi pongo quando scatto una foto’’.
Le sue convinzioni, i suoi progetti, il suo amore per la fotografia mi rimandano ad un instancabile rivoluzionario che tenta di mantenere vivo uno sguardo giovane, innocente, ingenuo .... quello dei bambini.
* SiFest https://www.sifest.it/it/si-fest/letture-portfolio/lettori-portfolio.html Tante le mostre, i premi e gli eventi di questa edizione
** Alex Majoli bio Fotografo, direttore artistico del SI FEST.
Nato a Ravenna nel 1971, concentra la sua ricerca sulla condizione umana e sugli aspetti teatrali della vita quotidiana. Interessato alle teorie di Franco Basaglia, ha documentato la chiusura del manicomio greco di Leros, per poi avviare un progetto ventennale, tuttora in corso, sui lati oscuri della società brasiliana (Tudo Bom). Attivo per anni in campo fotogiornalistico, ha fotografato persone in ogni tipo di situazione, sviluppando l’idea che ciascuno di noi agisca come un attore nella vita di ogni giorno. Da questa idea è nato Scene, progetto al confine tra realtà e finzione in cui ritrae le persone nel loro ambiente, drammatizzando la quotidianità. Ogni immagine finisce così per assomigliare alla scena di un film in cui i protagonisti, recitando, esprimono la propria personalità e anche nelle situazioni più tragiche mettono in mostra la forza dello spirito umano. Membro dal 1996 di Magnum Photos, Majoli ha pubblicato i volumi Leros (1999), One Vote (2004), Libera me (2010), Congo (2015), Andante (2018), Scene (2019) e Opera aperta (2021) ed è presente con le sue opere in numerose collezioni (Museum of Fine Art of Huston, Nelson-Atkins Museum of Art, ICP, Marguilles Warehouse, Snite Museum of Art, MUFOCO, Mucem). È stato inoltre destinatario di importanti borse di studio (Eugene Smith, Guggenheim, Getty) e di premi come l’Infinity Award, il Photographer of the Year della NPPA e il Feature Photography Award dell’Overseas Press Club of America. È rappresentato dalla Howard Greenberg Gallery di New York, città in cui vive.
Dal 2022 è direttore artistico del SI FEST di Savignano sul Rubicone.[font1][/font1]
Didascalia @Stacy Kranitz, series The Year After A Denied Abortion-min
Pubblicazione InsideOver 22 settembre 2024 https://it.insideover.com/fotografia/alex-majoli-la-mia-fotografia-ingenua-e-rivoluzionaria-con-una-nuova-idea-di-festival.html