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Lisa Carmi e Guido Rossa, due facce di una stessa medaglia in foto

LA FOTOGRAFIA A TORINO DUE FACCE DI UNA STESSA MEDAGLIA
di TIZIANA BONOMO

Alle Gallerie d'Italia di Torino è in programma fino al 22 gennaio 2023 la grande mostra monografica dedicata a Lisetta Carmi, una delle personalità più interessanti del panorama fotografico italiano, recentemente scomparsa all’età di 98 anni. La mostra “Lisetta Carmi. Suonare Forte” è realizzata con la curatela di Giovanni Battista Martini, curatore dell'archivio della fotografa, con un prezioso contributo video creato per l’occasione da Alice Rohrwacher.

Il Polo del ‘900 invece ospita fino al 23 ottobre 2022 la mostra dedicata alla fotografia di Guido Rossa, prodotta dalla Fondazione Palazzo Ducale di Genova e riallestita a cura di Istoreto in collaborazione con la Fondazione Vera Nocentini, con il Museo Diffuso della Resistenza, con la Biblioteca Nazionale del CAI e con il Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino.


Cosa accomuna la mostra su Lisetta Carmi con quella su Guido Rossa? Apparentemente poco. Invece la loro fotografia fa capire quanto ci sia in comune tra loro. E non lasciamoci ingannare dai luoghi o dagli allestimenti o dagli autori più o meno conosciuti. Facciamoci piuttosto rapire dai contenuti che ci raccontano quanta forza ha la fotografia: senza limiti.

Due esempi di come negli stessi anni due fotografi con realtà diverse con sguardi diversi siano riusciti a lasciarci un patrimonio denso di immagini che fa conoscere, pensare, indagare. Anche due spazi, diversi tra loro, Gallerie d’Italia e il Polo del ‘900 riconoscono nella fotografia quel potente linguaggio che attrae, crea condivisione, suggerisce riflessioni, indagini e misteri. Il vero punto in comune tra i due fotografi e le due fondazioni è l’attenzione al sociale, allo sguardo verso la società e verso la ‘fabbrica.’

Il nome di Lisetta Carmi è sicuramente molto conosciuto nel mondo della fotografia e si spera anche che con questa mostra lo diventi al grande pubblico, agli studenti, ai ragazzi.
Il nome Lisetta è già di suo vibrante, musicale, poetico come parte del suo attraente lavoro in mostra: oltre 150 fotografie scattate tra gli anni ’60 e ’70.
Otto sezioni nello spazio avanguardistico di Gallerie d’Italia che accoglie con roteanti immagini lungo le pareti illuminate a regola d’arte e accompagnate da una musica che spinge ad emozionare. Sezioni curate dall’appassionato Giovanni Battista Martini anche curatore dell’archivio della fotografia di Lisetta Carmi. Le sezioni alternano i diversi momenti di vita dell’autrice, classe 1924, che ha avuto una vita intensa rivolta a scoprire realtà diverse.
Le sue fotografie ci restituiscono i tanti strati della sua variegata personalità: verso la musica con Quaderno Musicale di Annalibera con una creatività sorprendente che unisce musica e fotografia. Verso i grandi personaggi come con la ventina di inquadrature di Ezra Pound che l’hanno resa celebre, scattate nei pochi attimi in cui è riuscita a vederlo. L’ha resa celebre perché, come dice Umberto Eco: “un ritratto così di Ezra Pound che ne fa capire la sua complessità non si era mai visto.” Verso le donne a testimoniare i suoi viaggi in Europa, India, Afghanistan, sud America. Delle donne sono straordinarie le immagini che documentano, in una sequenza rigorosamente scandita, le fasi del parto di una giovane donna nel 1968. Una geniale intuizione quella di riprendere, curando l’inquadratura, scegliendo la giusta posa e la giusta luce, la fuori-uscita di un bambino dalla vagina della madre. Immagini forti e dirette per confermare come la natura consente solamente alle donne il privilegio e la sofferenza della nascita, di una nuova vita.
E poi ancora progetti fotografici verso la ricerca e la comprensione di realtà umane diverse dalla sua come i travestiti, il lavoro, la fabbrica in un’epoca in cui non era usuale vedere immagini di questo tipo. È come se volesse dire: documento la nascita così come la dura vita. Senza veli, senza finzioni solamente con la grande capacità di riprendere con il garbo di Lisetta questa vita che ci vede soffrire sin dalla nascita. È la creatività, la sensibilità e la cultura che riscattano le fatiche e placano i nostri tormenti.
La fabbrica è il trade d’union con l’altra esposizione di Guido Rossa. La netta percezione, avendo visto a pochi giorni di distanza i due lavori è che l’asciutto testo di Giuliano Scabia e Cesare Pavese che appare nella mostra di Lisetta Carmi vale per le stesse immagini di Guido Rossa al Polo del ‘900.

1. fabbrica dei morti la chiamavano, esposizione operaia a ustioni, a esalazioni nocive, a gran masse di acciaio fuso
esposizione operaia a elevatissime temperature, su otto ore solo due ne intasca l'operaio
esposizione operaia a materiali proiettati, relazioni umane per accelerare i tempi
esposizione operaia a cadute, a luci abbaglianti, a corrente ad alta tensione
quanti MINUTI-UOMO per morire?
2. e non si fermano MANI di aggredire, ININTERROTTI che vuota le ore, al CORPO nuda afferrano quadranti, visi: e non si fermano
guardano GUARDANO occhi fissi: occhi mani
sera giro del letto tutte le mie notti ma aridi orgasmi
TUTTA la città dai morti VIVI, noi continuamente PROTESTE, la folla cresce parla del MORTO
la cabina detta TOMBA tagliano i tempi, fabbrica come lager
UCCISI

Lisetta Carmi, nel porto di Genova, fingendosi parente di un portuale realizza un ampio ed intenso documentario sule “dure condizioni dei camalli” e nello stabilimento dell’Italsider fotografa l’interno delle acciaierie. Potente testo potenti immagini.
Così avviene per Guido Rossa con la differenza che lui era operaio. Entra in fabbrica a quindici anni, nel 1949. A Genova l’ambiente stesso dell'Italsider di Cornigliano rappresenta per lui non soltanto un contesto di lavoro, ma un’occasione per mettere alla prova in modo diverso la sua energia creativa. L’operaio metalmeccanico ama disegnare e scolpire, è attento all ‘immagine, e nella fotografia trova un’occupazione mentale come manuale. Per Rossa la fotografia è soprattutto uno spazio di libertà, un impegno silenzioso e intimo.
Ritroviamo in comune, nelle immagini di Lisetta e di Guido, il fuoco dei forni industriali. Un fuoco che scalda troppo, che brucia. Se per un attimo guardando le fotografie si prova a sentire la tuta appiccicata al corpo, il calore che penetra sotto la pelle, il rumore del forno, l’odore dell’acciaio, la fatica nelle ossa le parole di Pavese e Scabia forse non restituiscono ancora a pieno il senso di quel lavoro in fabbrica.
Tra le tante immagini esposte quelle di alcuni momenti di impegno politico e sindacale costituiscono un soggetto quasi marginale nel mirino fotografico dell’operaio Rossa.
Un operaio ma anche un alpinista che Enrico Camanni ha ben ritratto, seppur con un breve intervento, come un eccezionale scalatore che se avesse avuto i mezzi avrebbe potuto diventare un “grande alpinista” con un talento e una dote rara a trovarsi. Si è dedicato anima e corpo a questa sua passione che lo accompagnerà tutta la vita, legandosi al “Gruppo alta montagna” del CAI Uget di Torino.
Questo bisogno di respiro, di aria attraverso la natura Rossa ce lo fa capire con le sue immagini sulle montagne, sulla spedizione in Nepal.

Lisetta Carmi ci lascia video e immagini e racconti fino alla sua morte da donna anziana che non può più sottrarsi all’inevitabile fine del proprio corpo. “La parabola esistenziale di Guido Rossa sembra non avere lasciato spazio postumo ad altro che a un discorso sulla sua morte più che sulla sua vita. Non solo nella memoria locale della città di Genova, ma anche nella memoria collettiva degli italiani, la figura di Rossa è sopravvissuta quasi soltanto – finora – come quella di una vittima del terrorismo. Per Rossa c’è quasi una vita parallela in cui la dimensione sociale e politica, per quanto coinvolgente, si rivela inadeguata a soddisfare la sua personalità inquieta, sensibile all’arte e alla poesia.”
La vita di Lisetta si adagia sul letto della morte e quella di Rossa viene strappata dal Male senza alcuna pietà. Due vite che hanno trovato nella fotografia un mezzo per esprimersi

Per Lisetta la sua inquietudine si placa forse un pò con “ i travestiti (o meglio il mio rapporto coi tra-vestiti) mi hanno aiutato ad accettarmi per quello che sono: una persona che vive senza ruolo. Osservare i travestiti mi ha fatto capire che tutto ciò che è maschile può essere anche femminile, e viceversa. Non esistono comportamenti obbligati, se non in una tradizione autoritaria che ci viene imposta fin dall'infanzia.” I ruoli a cui siamo sempre condizionati nelle valutazioni degli altri.
In queste mostre abbandoniamo il giudizio e lasciamoci accompagnare dalla visione di immagini di due autori liberi nella mente e nel cuore.
Tiziana Bonomo


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